Il dramma del frigorifero e il gioco del "si, ma..."

Un dramma che accade molto spesso a casa mia è "il dramma del frigorifero".

I ruoli generalmente sono 3, marito o figlia che vogliono qualcosa da mangiare, io, e il frigo. 

 

La trama è sempre identica: marito o figlia vuole qualcosa che sappiamo tutti benissimo essere in frigo; aprono il frigo, lo guardano da lontano e richiudono dicendo "non c'è". 

 

Nove volte su dieci apro il frigo, trovo la cosa desiderata, gliela do, e il dramma finisce con "Uh, non l'avevo visto ". 

Ieri ho invece cambiato il copione dicendo al marito:" Se cerchi qualcosa non puoi limitarti a guardare da lontano, devi tirare fuori qualcosa per cercare".

Lui: “Si, ma non c’è

Io: “So che c’è, prova!

Lui: “Si ma non lo trovo

Io: “Prova, tira fuori qualcosa e cerca davvero!

 

Abbozza lo svuotamento del frigo brontolando, non trova la cosa che cerca, brontola ancora di più. 

Io intervengo, la trovo, lui borbotta ancora ma dopo essersi accorto che mi sto arrabbiando accenna uno "Scusa ma ce l'hai messo tu, sai tu dove stava".

 

Ecco, lo "scusa ma..." è proprio la ciliegina. 

 

Perché "scusa ma..." non è "scusa", è una variante diffusissima del gioco del "Si ma", a cui stavamo già giocando, e non chiede scusa per niente, anzi, ribadisce "avevo ragione io".

Il gioco del “Sì, ma...” è un modello di comunicazione descritto nell’Analisi Transazionale (una teoria psicologica ideata da Eric Berne) che mostra come a volte comunichiamo in modo apparentemente aperto, ma in realtà blocchiamo il cambiamento o l’aiuto.

 

In cosa consiste:

Una persona chiede aiuto, espone un problema e sembra cercare una soluzione, ma ogni proposta che riceve la rifiuta con un “Sì, ma...”.

 

Per esempio:

A: “Vorrei dimagrire.”

• B: “Potresti iniziare a camminare di più”

• A: “Sì, ma non ho tempo.”

• B: “Allora potresti alzarti mezz’ora prima.”

• A: “Sì, ma al mattino sono troppo stanco.”

• B: “Potresti andare la sera.”

• A: “Sì, ma...”

 

E così all'infinito.

Alla fine, chi ascolta si sente frustrato, e chi parla resta bloccato nella sua posizione iniziale, con la sensazione di non essere capito.

 

Cosa accade a livello psicologico?

• La persona che dice “Sì, ma...” non vuole veramente cambiare (anche se quasi mai ne è consapevole).

• Cerca attenzione, conferma o giustificazione, non soluzioni, e vorrebbe che fossero gli altri o la situazione a cambiare, perciò non è realmente disponibile a fare qualcosa.

 

Questo gioco mantiene infatti la persona nella sua posizione interiore di vittima, e di impotenza, per la quale si cerca appunto conferma.

La nostra parte bambina si sente sopraffatta da qualcosa che sta accadendo, o da un suo stesso desiderio (vorrei dimagrire), ma teme di non avere ciò che serve per realizzarlo, e anziché rischiare di fallire preferisce continuare a credere di essere impotente, come effettivamente siamo stati quando bambini eravamo davvero.

 

A livello di Stati dell’Io, il dialogo parte quindi dal Bambino che si lamenta e cerca un Adulto che gli risolva il problema, ma rifiuta ogni risposta, tornando al Bambino che si dà conferma: “Vedi? Non c’è soluzione. Non c'è niente che IO possa fare, sono gli altri o la situazione a dover cambiare”.

 

E' come se dicesse "non è colpa mia"...

 

Come riconoscerlo?

 

• C’è un ciclo ripetitivo: problema → proposta → rifiuto → nuovo problema → proposta → rifiuto

• Alla fine, nessuno si sente bene: chi vorrebbe aiutare si sente inutile, chi chiede resta insoddisfatto.

 

Come uscirne?

 

1. Il primo passo è diventare consapevoli del gioco: chiedersi “Voglio davvero una soluzione o sto cercando conferma alla mia difficoltà?” E se ti accorgi che stai cercando una conferma alla difficoltà, a cosa ti serve questa conferma? Cosa vuoi che venga riconosciuto?

 

2. Riconoscere e accogliere l’emozione dietro al “Sì, ma": paura, rassegnazione, sfiducia, e anche l'identità personale di Bambino impotente, che cerca conferme per evitare di doversi prendere la responsabilità di come ci sentiamo e di realizzare i nostri desideri...

 

3. Smettere di dare consigli se sei l’ascoltatore, ma rispondere invece con domande, tipo “Cosa pensi possa funzionare per te?”, "Cosa vorresti fare se ti sentissi libera di scegliere?"

 

4. Passare dallo stato del Bambino a quello dell’Adulto: ovvero prenderti la responsabilità di scegliere,  consapevolmente e con un po' di coraggio... tanto in fondo sai già benissimo quello che vuoi fare, no? 😉

 

Il “Sì, ma...” è una forma sottile ma estremamente frequente ed efficace di auto-sabotaggio. Riconoscerlo è il primo passo per passare da una comunicazione che mantiene i problemi a una che apre al cambiamento!

 

Se riconosci questo gioco nelle tue relazioni, o se ami giocarlo, parliamone nei commenti. Stamattina mio marito ha trovato quello che cercava al primo colpo, la speranza c'è 😉 

 

Con amore

Ilaria

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